Nel contesto della sostenibilità, è un errore diffuso considerare automaticamente positivo ogni intervento “green”. Infatti, anche le soluzioni più virtuose generano impatti ambientali iniziali. Questa realtà ci conduce a una domanda cruciale: in quanto tempo le emissioni generate possono essere compensate?
Il concetto di carbon payback risponde a questa domanda. Si tratta di una metrica strategica che indica il periodo (espresso in anni) necessario a un progetto per “ripagare” le emissioni iniziali, cominciando a produrre benefici netti sul clima e che ci può guidare nella scelta di determinate iniziative.
Come si calcola il Carbon Payback
Il carbon payback si basa su un confronto tra due scenari:
- Scenario progetto: emissioni totali legate alla realizzazione, gestione e mantenimento.
- Scenario baseline: emissioni che si sarebbero verificate senza il progetto, ovvero lo scenario di riferimento alternativo.
Questo metodo, ampiamente adottato nelle principali linee guida internazionali, consente di stimare l’impatto reale e misurabile basato su dati contestuali, tecnologie alternative e prestazioni energetiche.
Carbon Payback: esempio di calcolo per un impianto fotovoltaico
Numerosi studi di Life-Cycle Assessment (LCA) analizzano il carbon payback degli impianti fotovoltaici.
- Un capitolo chiave nel panorama scientifico descrive l’assessment ambientale di tecnologie PV (silicio cristallino, film sottile, CdTe, CIGS), evidenziando come i sistemi fotovoltaici moderni presentino impatti ambientali nettamente inferiori rispetto alle fonti fossili (esempio di paper scientifico).
- Ricerche indicano un Energy Payback Time (EPBT) medio compreso tra 1 e 4 anni, variabile secondo il tipo di modulo e l’irradianza solare locale. Le tecnologie in CdTe (thin-film), nonostante efficienze spesso inferiori, mostrano un EPBT inferiore a 1 anno
Vediamo nel dettaglio un esempio di calcolo di Carbon Payback.
Immaginiamo un impianto fotovoltaico residenziale da 5 kWp installato in Italia. La sua vita utile media è di 25–30 anni.
Il calcolo del carbon payback si ottiene stimando le emissioni lungo tutte le fasi (cradle-to-grave).
Fase 1. Produzione dei materiali (fase più impattante)
- Silicio cristallino: fusione e purificazione → circa 500–600 kg CO₂eq/kWp
- Vetro e alluminio (frame + supporti): circa 200–250 kg CO₂eq/kWp
- Altri componenti (cavi, plastica, elettronica, inverter, BOS – Balance of System): circa 100–150 kg CO₂eq/kWp
Per un impianto da 5 kWp:
Totale produzione = ~4 t CO₂eq
Fase 2. Trasporto e installazione
- Trasporto moduli (Cina → Italia via nave + camion): 30–50 kg CO₂eq/kWp
- Installazione e movimentazioni: 10–20 kg CO₂eq/kWp
Per 5 kWp:
Totale trasporto + installazione = ~0,3 t CO₂eq
Fase 3. Manutenzione lungo la vita utile
- Sostituzione inverter (ogni 10–12 anni): ~300 kg CO₂eq
- Altre manutenzioni (trascurabili)
Per 25–30 anni:
Totale manutenzione = ~0,3 t CO₂eq
Fase 4. Fine vita e smaltimento
- Raccolta e trasporto rifiuti: 20–30 kg CO₂eq/kWp
- Processi di riciclo (vetro, alluminio, silicio) → impatto positivo perché recuperano materiali riutilizzabili. Alcuni studi stimano un credito di –50 a –80 kg CO₂eq/kWp (riduzione netta).
Per 5 kWp, assumendo scenario medio:
Totale fine vita = +0,1 t CO₂eq
Totale emissioni iniziali + manutenzione + fine vita
- Produzione: ~4,0 t
- Trasporto e installazione: ~0,3 t
- Manutenzione: ~0,3 t
- Fine vita: ~0,1 t
Totale = 4,7 t CO₂eq
Emissioni evitate (beneficio annuo)
Un impianto fotovoltaico da 5 kWp in Italia produce mediamente 6.000–7.000 kWh/anno. Assumendo un fattore di emissione medio della rete elettrica italiana di 0,33 kg CO₂/kWh (ISPRA 2023):
6.500 kWh × 0,33 = ~2,15 t CO₂eq evitate ogni anno
Calcolo del Carbon Payback
Carbon Payback = (Emissioni iniziali totali) ÷ (Emissioni evitate/anno)
4,7 ÷ 2,15 = ~2,2 anni
L’impianto fotovoltaico inizia a generare benefici climatici netti dal terzo anno di funzionamento.
Dal 3° anno in poi, per circa 22–27 anni, produrrà un surplus climatico netto di ~45–50 t CO₂eq evitate complessivamente.
Fattori che possono influenzare il calcolo:
- In contesti con rete elettrica più “sporca” (es. Polonia, India, Cina), il carbon payback è più rapido (anche <2 anni).
- In Paesi con mix energetico già decarbonizzato (es. Norvegia, Francia nucleare), il payback si allunga.
- La scelta della tecnologia (cristallino vs. CdTe o CIGS) influisce: i moduli a film sottile hanno un payback ancora più rapido (<1 anno).
- La fase di fine vita diventa sempre più importante con i programmi europei di riciclo (es. direttiva RAEE): può ridurre sensibilmente il bilancio complessivo.
Perché il carbon payback è importante?
Questa metrica sposta l’attenzione dalla mera retorica alla rigore della misurazione:
- Consente confronti tra soluzioni progettuali, favorendo quelle con ritorni climatici più rapidi.
- Aiuta a contrastare il greenwashing, fornendo dati trasparenti e temporizzati.
- Supporta una comunicazione chiara ed efficace verso clienti, investitori e stakeholder: un payback breve è un forte indicatore di efficacia.
Come tutte le metriche, il carbon payback porta valore solo se costruito su basi solide:
- Richiede stime realistiche e trasparenti delle emissioni iniziali (es. tramite Product Carbon Footprint).
- La baseline deve essere coerente e rappresentativo del contesto reale.
- Si tratta di una valutazione su emissioni di CO₂, che non copre altri impatti ambientali come consumo di suolo, biodiversità, risorse o aspetti sociali.
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- Quantificare con precisione le emissioni lungo tutto il ciclo di vita.
- Stimare il tempo necessario per raggiungere benefici climatici netti.
- Confrontare diverse soluzioni tecnologiche e scenari energetici.
- Comunicare risultati affidabili a clienti, investitori e stakeholder.
In questo modo, aiutiamo le aziende a trasformare i dati ambientali in decisioni strategiche e a pianificare investimenti realmente efficaci per la transizione sostenibile.