Fare sostenibilità oggi significa misurare in modo continuo: consumi, emissioni, materiali, fornitori, performance sociali. I numeri non sono un accessorio del report ma la base su cui si pianificano interventi, si valutano investimenti e si dialoga con clienti e auditor; senza qualità del dato non c’è credibilità, confronto nel tempo o miglioramento reale. In questo contesto le grandi aziende hanno una “sete di dati”: chiedono sempre più dati primari su energia, materiali, rifiuti, Product Carbon Footprint (PCF) e piani di riduzione, non basta più un fattore medio di settore.
Standard e pratiche spingono verso formati comparabili e fonti tracciate; per i fornitori la sfida è doppia: capire quali dati fornire e come dimostrarne la qualità. La soluzione pratica è rendere la richiesta essenziale ma standardizzata, accompagnandola con definizioni chiare, esempi precompilati e un feedback rapido sulla qualità dei dati ricevuti, così da trasformare la raccolta in un processo ripetibile. Farlo su scala richiede strumenti pensati per standardizzare schemi, tracciare metadati e restituire indicatori di qualità in tempo reale.
La sostenibilità passa da una buona gestione dei dati aziendali, in qualsiasi reparto
La spinta regolatoria e quella “di fatto” che arriva da clienti e fornitori strategici impongono dati granulari, coerenti e giustificabili. Sul piano operativo, stime deboli non permettono di riconoscere dove davvero si genera impatto o risparmio: si rischia di allocare risorse su iniziative marginali e trascurare i veri driver di riduzione. Nella supply chain, la capacità di rispondere con numeri verificabili è già un fattore competitivo: chi non è in grado di farlo viene escluso dai tender o degradato nelle valutazioni di rischio.
Come impostare KPI ESG di qualità: un framework pratico
La qualità del dato è il presupposto perché i numeri diventino uno strumento decisionale: senza qualità non c’è confronto, né credibilità, né base per interventi. Si può quindi tradurre il concetto in quattro dimensioni operative:
- Completezza e tempestività: ovvero coprire il perimetro informativo e avere il dato quando serve: raccogliere kWh di rete, consumi dei generatori e produzione fotovoltaica autoprodotta.
- Accuratezza e verificabilità: quindi dichiarare se un determinato dato è stato misurato o stimato: misurare il gas al contatore; per i trasporti calcolare km activity-based.
- Consistenza e tracciabilità: mantenere le stesse regole e scelte tra sedi/periodi. Questo si traduce in, ad esempio, usare lo stesso fattore di conversione per tutte le sedi e mantenere audit trail (utente, data, commento, file allegato).
- Trasparenza: ovvero dare evidenza di fonti, metodi e versioni dei fattori dichiarati e rintracciabili.
La qualità del dato, come indica anche il GHG Protocol, si ottiene tramite processi ripetibili e semplici da eseguire: qui proponiamo tre pilastri pratici, spiegati in modo operativo.
- Validazione automatica: non si tratta solo di verificare unità o formati, ma di implementare regole che intervengano automaticamente, ad esempio un alert se il consumo mensile supera del 20% la media storica o se la densità riportata è fuori range plausibili, e di obbligare chi inserisce il dato a una nota di eccezione. Questo riduce errori banali e mantiene traccia delle anomalie.
- Riconciliazione mirata e campionamento: confronta regolarmente la vista top-down (bollette, ERP) con la bottom-up (contatori, pesate). Non è necessario verificare tutto: è sufficiente inserire una soglia di rischio e un piano di campionamento.
- Maturità, incertezza e audit trail: per ogni dato conservare per ogni dato metadati obbligatori: fonte, documento di prova, versione del fattore EF.ù
Questi tre elementi migliorano la qualità reale dei numeri senza aggiungere burocrazia inutile.
Il ruolo del software come hub di dati ESG
I software di sostenibilità, come Zemyla, sono progettati per rendere scalabile il lavoro quotidiano sulla qualità dei dati. La raccolta è strutturata su schemi allineati a GHG Protocol, con conversioni d’unità integrate per ridurre errori di base. Ogni campo cattura i metadati essenziali – fonte, versione del fattore di emissione, responsabile, data, costruendo la lineage del dato: il percorso è sempre ricostruibile.
Il sustainability manager può creare sotto-account e delegare la compilazione a colleghi e funzioni diverse direttamente in piattaforma, con livelli di visibilità coerenti con ruoli e privacy: non tutti vedono tutto, tutti vedono ciò che serve. L’estensione verso la supply chain consente di standardizzare le richieste ai fornitori e restituire un feedback di qualità sul dato ricevuto. Infine, versioning e confronto anno su anno rendono trasparenti le evoluzioni: non solo “che numero abbiamo?”, ma “come e perché è cambiato?”.
Dimostrare i progressi con numeri credibili
Il punto non è collezionare cifre: è costruire fiducia nei numeri con cui si governa l’azienda e la filiera. Dichiarare come si è ottenuto un dato e quanto è incerto non è un limite; è la condizione per prendere decisioni migliori, difendere le scelte e dialogare in modo maturo con clienti, auditor e partner. Con processi chiari e strumenti adeguati, la qualità smette di essere un costo di compliance e diventa un vantaggio operativo: consente di concentrare risorse su ciò che conta davvero e di dimostrare i progressi senza affidarli a interpretazioni. Zemyla è pensato per rendere tutto questo praticabile ogni mese, non solo alla chiusura del report.